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Seconda puntata



 

 

 

 

 

Un rimprovero ingiusto, seguito da uno sbuffo di insofferenza da parte sua, avevano provocato  lo sdegno di suo padre che l’aveva scacciata dalla sua tavola. In silenzio irritato si era ritirata, ma non nella sua stanza come aveva ordinato il Marchese. Era corsa nel parco per sfogare la sua rabbia, e si era rifugiata in quello che, fin da bambina, considerava il suo rifugio segreto: un grande albero con una cavità piuttosto profonda all’interno, su, in alto, nascosta fra il fogliame rigoglioso; e lì si era raggomitolata rimuginare. 

In un primo momento, quando aveva cominciato a sentire le grida terrorizzate venire dal castello, era stata per scendere e correre in soccorso, poi aveva visto un gruppo di contadini passare sotto l’albero con bastoni, falci, e moschetti; li aveva sentiti gridare il loro odio nei confronti dei Saint Vire, e si era appiattita terrorizzata nel nascondiglio, comprendendo appieno quanto stava accadendo.  

“Come siete riuscita a fuggire?” chiese Gilles. “E perché mai siete tornata a Parigi?”  

Margot sospirò piano.

Era stata due giorni interi su quell’albero, senza bere e senza mangiare, odiando furiosamente i rivoltosi che l’avevano cercata  instancabilmente. Poi, spente negli orecchi le grida di tutti i morti trucidati, e con negli occhi gli ultimi riverberi delle fiamme che avevano bruciato il castello, era scesa. 

Non aveva idea di dove andare, a chi chiedere aiuto. A Pacy i Saint Vire erano forse odiati da tutti. Il pensiero della zia, sposata a un inglese che viveva a Londra, l’aveva sfiorata, certo; ma la strada per raggiungere la costa era tanta, troppa, in quelle condizioni. Poteva essere violentata lungo la strada; denunciata o perfino uccisa.

Dopo quanto era accaduto, la provincia le faceva molta più paura della città; e all’improvviso le era parso che per lei non potesse esserci nessun altro posto, come Parigi, dove passare inosservata. Lì c’era ancora l’avvocato di suo padre. Un uomo fidato, fedele alla famiglia, ne era certa;  l’unico che avrebbe potuto soccorrerla. 

E così aveva fatto, trovando l’aiuto sperato. L’avvocato le aveva trovato un posto modesto ma sicuro dove andare e lì, da madame Deussé, si era fatta passare per una provincialotta fiduciosa, un po’ sciocca, vedova di un fervente rivoluzionario.

“Sono stata una stupida. Nessuno con i miei natali, con un briciolo di cervello, sarebbe tornato a Parigi senza sapere se poi sarebbe riuscito uscirne”  mormorò sorridendo amaro. 

Ogni volta che il sole calava, salutava la notte ringraziando Dio di non essere stata scoperta, perché ogni giorno venivano arrestate persone del suo rango e mandate alla Conciergerie. Aveva cercato di interpretare al meglio la sua parte, ma non era servito ugualmente dopo l’assalto alle Tuileries, dopo il massacro delle guardie svizzere, dopo che Parigi era praticamente stata messa agli arresti  nel settembre del 1792.

“Sta accadendo qualcosa di terribile, la fuori, vero?”

Delacroix esitò a rispondere. Era così giovane e fragile con quel corpo sottile e delicato; una creatura da amare e proteggere fino alla morte. Ma era anche sveglia e intelligente, e aveva dimostrato di avere forza di carattere e molto coraggio. Poteva essere sincero.

“Stanno uccidendo tutti. Mandano fuori i prigionieri due o tre alla volta, in pasto alla folla aizzata dai Marsigliesi”.

Margot pensò al ragazzo al suo fianco e alla donna incinta. “Perché... perché?” Ma sapeva già che era una domanda inutile, che non esigeva risposta. La rivoluzione stava diventando qualcosa di mostruoso di cui non riusciva ormai più a immaginarne la fine.

“Come avete scoperto che ero qui?” 

“Pura casualità”. Ed era vero.

Era solo grazie al caso che in una taverna avesse sentito un fervente giacobino dire che era stato dato scacco a un altro ‘sangueblu’. Una certa marchesina Saint Vire, che aveva avuto l’indecenza di spacciarsi per la vedova di un patriota.

Casualità, soprattutto, che lui, dopo essere sbarcato da una nave proveniente dall’America, durante il viaggio per Parigi a causa di un incidente alla carrozza fosse stato costretto a fermarsi a Pacy, nei pressi di un castello distrutto. 

Mentre irritato per quell’inconveniente dava un calcio a un ciottolo vicino a un cespuglio, aveva portato in vista qualcosa che brillava sotto il sole. Un  medaglione d’oro, il cui interno racchiudeva la miniatura della più bella fanciulla che avesse mai visto. Aveva guardato ammirato quei capelli ondulati e nerissimi, in splendido contrasto con la pelle d’avorio. Affascinato aveva sfiorato col dito la bocca piena del colore del corallo e si era perso in quei grandi  occhi verde giada, vivi e bellissimi.

Aveva sorriso scuotendo la testa mentre metteva il medaglione in tasca, probabilmente perso durante il saccheggio, pensando che l’esecutore della miniatura avesse esagerato, rendendo al meglio i colori e la bellezza di quella ragazza. Poi più tardi, alla locanda, con abili domande aveva cercato di soddisfare la sua curiosità, scoprendo che il castello era appartenuto ai Saint Vire, ormai tutti massacrati tranne la figlia, sfuggita a quello che l’oste aveva ritenuto la giusta punizione.  

Quella sera, aveva osservato di nuovo la miniatura. La fanciulla ritratta poteva essere la marchesina Margot Saint Vire? Dalla descrizione avuta sarebbe potuta esserlo. E spesso, riguardandola nei mesi che erano seguiti, aveva pensato a lei come a un sogno, quasi come a un amore perduto che nessun’altra donna poteva eguagliare...

La guardò quasi stupito. Era dannatamente bella! Incredibile quanto la miniatura fosse fedele all’originale.

- continua -
 

 

 

 

 

 

 
 


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